Negli ultimi anni i viaggi a piedi hanno avuto un incremento notevole ma viaggiare a piedi non è un esperienza facile.
Innanzitutto camminare è diverso dal passeggiare. Chi pratica trekking con una certa regolarità compie una normale escursione ma, chi cammina, recita un’antica e simbolica attività.
Il movimento fa parte della nostra realtà ancestrale. I popoli primitivi erano sempre in movimento alla ricerca di materiali commestibili. La loro esigenza di spostamento permetteva di conoscere il territorio, di conoscere e utilizzare gli oggetti e le risorse della realtà, di diventare esperti e di poter quindi contare su se stessi per ogni necessità e per la soluzione di tutti i loro problemi.
Nella società attuale la forza fisica dell'uomo espressa nel camminare, correre, nuotare non viene valorizzata. E' diffuso il lavoro sedentario, gli spostamenti sono ridotti e, in genere effettuati con mezzi di trasporto.
Correre, camminare e nuotare sono circoscritti ai momenti di svago e di tempo libero.
Gli spostamenti si compiono per un preciso obiettivo e si svolgono mediante una traiettoria che inizia e finisce. Non è mai importante il tragitto cioè il percorso e ciò che si incontra. Il tempo a disposizione è ridotto e se si cammina a piedi, ci si stanca perché non si è abituati. Si sta in ansia perché non si pensa al camminare ma alle cose che si debbono fare e l'ansia cresce se il tempo di spostamento è troppo lungo rispetto al consentito o all'immaginato.
Questo modo di gestire la realtà circoscrive la visione del mondo, riduce a lungo andare il campo di azione e la conoscenza reale delle cose. L'uomo pensa di non poter più risolvere nessun problema incombente che sia ordinario o straordinario, se non è propizia la situazione esterna: cioè non si conta più sulle proprie capacità fisiche, cognitive e motivazionali.
E' chiaro che per la soluzione dei problemi individuali occorre una numerosa serie di fattori personali e di coincidenze esterne. Ma occorre ad un dato punto della propria vita cominciare a pensare che molto è possibile fare per se stessi, se si crede correttamente nelle proprie risorse personali e nelle proprie capacità, al di là di ciò che l'ambiente in cui si vive è disposto a concedere.
Occorre quindi decidere di riprendere contatto con se stessi, con il proprio corpo e la propria mente. Tra le varie possibilità di riappropriazione di sé è possibile dedicarsi all'attività del camminare. Il camminare, al di là dell'ovvia valenza ricreativa, mette in gioco tutta la personalità dell'individuo e la sua fisicità in un nuovo rapporto con se stessi e l'ambiente circostante. E' in sostanza un'occasione interessante perché sposta l'ordine dei fattori così come generalmente si è soliti utilizzarli e ne potenzia degli altri.
Il cammino intanto ha bisogno di attenzione al processo e di passi lenti.
La respirazione diventa l'elemento conduttore, il ritmo cardiaco indica il ritmo dei passi, si riattivano contemporaneamente tutti i sensi. L’atto del camminare riesce solo se si concatenano i passi con la respirazione e con tutto il proprio corpo.
L'uomo moderno è immerso nella dimensione dello spazio e del tempo che regola in modo spesso direttivo la sua giornata e sostanzialmente la sua vita. Nel momento in cui si cammina invece si reinventa il rapporto con lo spazio e il tempo oggettivo che comincia ad accordarsi con lo spazio e il tempo soggettivo.
In una realtà sociale dove tutto è assoluto, la lenta fruizione del tempo relativizza gli accadimenti personali e si comprende di ”essere una parte del Tutto, non il tutto”.
Camminare riporta l'uomo ad uno stato di tranquillità emotiva, psicologica e, progressivamente, lo spinge alla coscienza della propria esistenza.
Camminare è anche il momento ideale per esercitare il pensiero e trovare soluzioni cognitive creative.
E' chiaro che per la soluzione dei problemi individuali occorre una numerosa serie di fattori personali e di coincidenze esterne. Ma occorre ad un dato punto della propria vita cominciare a pensare che molto è possibile fare per se stessi, se si crede correttamente nelle proprie risorse personali e nelle proprie capacità, al di là di ciò che l'ambiente in cui si vive è disposto a concedere.
Occorre quindi decidere di riprendere contatto con se stessi, con il proprio corpo e la propria mente. Tra le varie possibilità di riappropriazione di sé è possibile dedicarsi all'attività del camminare. Il camminare, al di là dell'ovvia valenza ricreativa, mette in gioco tutta la personalità dell'individuo e la sua fisicità in un nuovo rapporto con se stessi e l'ambiente circostante. E' in sostanza un'occasione interessante perché sposta l'ordine dei fattori così come generalmente si è soliti utilizzarli e ne potenzia degli altri.
Il cammino intanto ha bisogno di attenzione al processo e di passi lenti.
La respirazione diventa l'elemento conduttore, il ritmo cardiaco indica il ritmo dei passi, si riattivano contemporaneamente tutti i sensi. L’atto del camminare riesce solo se si concatenano i passi con la respirazione e con tutto il proprio corpo.
L'uomo moderno è immerso nella dimensione dello spazio e del tempo che regola in modo spesso direttivo la sua giornata e sostanzialmente la sua vita. Nel momento in cui si cammina invece si reinventa il rapporto con lo spazio e il tempo oggettivo che comincia ad accordarsi con lo spazio e il tempo soggettivo.
In una realtà sociale dove tutto è assoluto, la lenta fruizione del tempo relativizza gli accadimenti personali e si comprende di ”essere una parte del Tutto, non il tutto”.
Camminare riporta l'uomo ad uno stato di tranquillità emotiva, psicologica e, progressivamente, lo spinge alla coscienza della propria esistenza.
Camminare è anche il momento ideale per esercitare il pensiero e trovare soluzioni cognitive creative.
Le scienze come la Neurologia e la Psicologia sanno ormai spiegare il fenomeno. Ma tale disciplina era conosciuta anche da filosofi quali Socrate e Platone che sapevano come il camminare sa costruire il campo ideale dei ragionamenti.
Camminare permette di comprendere il proprio atteggiamento di fronte al cambiamento e a sviluppare la capacità di adattamento.
Il bosco, il fiume, la montagna in ogni condizione atmosferica (pioggia, neve, vento, freddo, sole) oppure la notte offrono sensazioni particolari che hanno bisogno di strategie corrette e creano nuove esperienze positive di adattamento.
La necessità di affrontare la situazioni, di sperimentare, di analizzare le proprie modalità di affrontare la realtà, permette di mettere a punto nuove soluzioni. Camminando ci si confronta con la capacità di pianificazione e di organizzazione del percorso.
Questi nuovi aggiustamenti comportamentali, liberati da condizionamenti culturali, danno la possibilità di sperimentare nuove modalità e decidere scelte più consapevoli. Oggi si dice che l'individuo diventa “resiliente” cioè tende ad adattarsi in modo plastico alla realtà.
Camminare ci permette riappropriarsi della natura, dei suoi odori, dei sapori, dei colori e di sentirsi parte di essa “una parte del Tutto”.
Camminare permette di scoprire la bellezza dello stare in silenzio riflettendo su sé in una situazione di equilibrio psico-emotivo.
Stare nel silenzio permette di cogliere i “rumori di fondo” esterni e interni.
Il silenzio conduce a se stessi, permette di raccogliere le idee, di stabilire un rapporto vero con la propria interiorità.
Il ripetersi di un passo dopo l’altro, la respirazione equilibrata sono elementi simili alla recitazione rituale di un mantra e fa del camminare una forma di meditazione che può aprire ad un atteggiamento più spirituale ed essenziale ”essere parte completa del Tutto”.
Non si vuole in questa sede approfondire i temi che sono stati accennati dato che sarebbe non pertinente al tema stesso ma si vuole stimolare con piccoli frammenti di riflessione affinché sia utile comprendere e magari approfondire l'importanza di un atto così semplice come quello del camminare per aiutare se stessi.
Si può camminare nei boschi o in aperta campagna o sulle strade.
Il transito pedonale è ammesso lungo la stragrande maggioranza delle strade italiane, il rischio di tali percorsi è notevole, poiché a volte nessun segnale stradale prevede la presenza dei pedoni.
Ma al di là delle difficoltà oggettive del camminare, ognuno sceglie e affronta l'attività del camminare e i percorsi scegliendo il miglior modo per sé e impara tutte le strategie per tutelarsi.
Ma intraprendere i cammini significa molto di più.
Uscendo dai centri urbani, si comincia a presidiare il territorio e a sentirlo un bene comune.
Questo sentirsi partecipe del territorio della propria società permette di godere della sua armonia e della sua bellezza.
In sostanza comincia anche così a costruirsi una coscienza sociale di tutela e di difesa dell'ambiente che è l'unica, vera, grande risorsa del Paese in cui si vive.
Dall'alto in basso: Monet,
Il sentiero di Chailly nella foresta di Fontainebleau, 1865; Le
Ciclovie del Po; Maratea, il cammino della Basilicata coast to coast; Abruzzo, il tratturo magno.