La jurisdictio del pretore peregrino

Capitolo I

Creazione

La dottrina tradizionale comunemente adotta la data del 242 a.C. per fissare l'origine della pretura peregrina. L'unica fonte che è in grado di offrirci una indicazione, peraltro non esuriente, concernente la data di creazione, è quella di dell'epitome di Livio che fa menzione di: “duo praetores tunc primum creati sunt”. La notizia contenuta in questo breve cenno ci può far cogliere immediatamente il confronto fra due epoche.
La prima, dal 367 a.C. al 242 a.C., caratterizzata dalla nomina annuale dell'unico pretore urbano, la seconda, dal 242 a.C. in poi, contraddistinta dalla nomina di un altro pretore (“peregrinus”) accanto al più antico collega (“urbanus”).
Tra le poche fonti disponibili, in merito al problema della creazione del pretore peregrino possiamo servirci della notizia di Pomponio sull'avvenimento.
L'autore dell'”Enchiridion” infatti dopo aver fatto cenno delle ragioni in base alle quali fu creato il primo “praetor” del 367, che fu designato con il titolo “urbanus” (“quod in urbe ius redderet” D.I.2.2.27), nel successivo paragrafo 28 prende in considerazione l'avvenimento del 242:
“post aliquot deinde annos, non sufficiente eo praetore, quod multa turba etiam peregrinorum in civitatem veniret, creatus est et alius praetor, qui peregrinus appellatus est ab eo, quod plerumque inter peregrinos ius dicebat”.
Senza dubbio ai nostri fini la notizia di Pomponio appare più interessante perchè ci indica le situazioni e le ragioni per cui si rese necessaria l'istituzione di un secondo pretore.
Il 242 a.C. rappresenta per Roma una data importante dal punto di vista bellico: è l'anno della vittoria su Cartagine con la battaglia alle Isole Egadi che segnò il termine della prima guerra punica (1). Roma divenne così la dominatrice del Mediterraneo, e ciò comportò la necessità di dirigere la propria politica verso una più intensa protezione dei rapporti con i popoli stranieri. Del resto non è casuale che i due avvenimenti, l'istituzione del pretore peregrino e la vittoria su Cartagine siano avvenuti ambedue nel 242 a.C..
Ciò che comunque è importante sottolineare è l'intensificarsi del commercio romano sin dagli inizi del III° secolo a.C., favorito da un sempre crescente contatto con comunità straniere. L'affermarsi di Roma all'interno della penisola aveva posto, già prima del 242, il problema dei rapporti giuridici con popoli stranieri (2). Una certa impronta “positiva” a questi rapporti venne in seguito data sulla base di trattati, “foedera”, e con l'ausilio della “bona fides”. Esempi classici (3) in tal senso sono dati dal primo trattato con Cartagine (Polyb. III 22, 1 sg.) del 509 a.C. e del “foedus Cassianum” (Liv. II 33,4) del 491 a.C.; entrambi avevano il preciso scopo di proteggere gli interessi privati degli stranieri. Nel I° trattato con Cartagine l'attività del mercante romano riceveva protezione dallo Stato entro determinati limiti spaziali, viene tutelato processualmente il romano a Cartagine e il cartaginese a Roma.
Nel “foedus Cassianum” vengono precisate le norme che stabiliscono la tutela processuale dei negozi fra privati e il criterio in base al quale si stabilisce il tribunale per tali controversie.
 
Se si passano a prendere in considerazione le notizie contenute nel “De magistratibus” (I 38) di Lido, vediamo che egli, riportando il fatto del 242, fa riferimento allo ”ξενοδι'κης” traduzione greca del magistrato romano preposto alle liti riguardanti gli stranieri. Il passo che costituisce la terza fonte utile per il nostro studio, sebbene appaia vago nella descrizione dell'avvenimento (4) e singolare nel modo di stabilire l'anno di creazione della pretura peregrina (5), riesce però a fornire
una interessante indicazione laddove assimila la pretura peregrina allo ”ξενοδι'κης”, cioè a colui che nelle città greche più importanti dal punto di vista commerciale, era preposto alla risoluzione delle controversie in cui intervenissero stranieri. Questa assimilazione, infatti, mostra come anche a Roma si fossero ormai create la condizioni economiche simili a quelle dei più forti centri commerciali del mondo greco e tali da richiedere la stessa risposta istituzionale: la creazione di un organo che si occupasse delle liti interessanti gli stranieri.
Ma torniamo a prendere in considerazione la notizia di Pomponio, che fra tutte le fonti, sembra essere la più esauriente. Questo passo riesce a chiarire alcuni punti fondamentali per la nostra analisi: il 242 a.C. come anno di passaggio da un'epoca ad una nuova, il ruolo del pretore urbano prima e dopo questo anno, le ragioni che condussero alla istituzione di una giurisdizione apposita per gli stranieri. Solo passando attraverso questi punti credo si possa tracciare una linea precisa di sviluppo della pretura peregrina.
Il 242 a.C. rappresentò molto per Roma da un punto di vista militare. E giuridicamente? Abbiamo notato che, nella sua brevità, il passo di T. Livio nell'epitome contiene l'indicazione di una prassi che da quell'anno in poi sarebbe divenuta usuale, quella di nominare due pretori.
Il pretore urbano, che fu istituito per la prima volta nel 367 a.C., aveva il compito della “iurisdictio” in città ed era munito di “imperium”. Ora è probabile l'ipotesi che prima del 242 il pretore urbano si occupasse di controversie in cui almeno una parte fosse uno straniero (6). Infatti il passo di Pomponio su questo punto è chiaro: dicendo “non sufficiente eo praetore” si vuole sicuramente riferire al primo pretore del 367. Dunque non può essere messo in dubbio l'intervento del pretore urbano in liti interessanti lo straniero.
Ma un'altra considerazione, questa volta logica, avalla una affermazione di tal genere e cioè che il pretore peregrino fu creato per intervenire in liti che l'ordinamento giuridico romano già conosceva e delle quali aveva fatto esperienza (7).
Credo dunque sia fondata l'ipotesi di un intervento del pretore urbano in liti “interveniente peregrini persona” prima del 242, anche se non si hanno notizie del come venissero risolte tali controversie (8).
Si sono sopra ricordati il “foedus Cassianum” e il trattato con Cartagine che rappresentarono due modi di risolvere le possibili liti che sarebbero potute nascere dai rapporti di commercio, ma non solo da questi, fra membri di comunità diverse. Ora tutto ciò attesta un'intensità di rapporti fra popoli di diversi paesi sin da età antica e il passo di Pomponio fa riferimento proprio a questo quando, intendendo dare una ragione specifica alla creazione della pretura peregrina, afferma che “multa turba etiam peregrinorum in civitatem veniret”.
Non si può dimenticare inoltre che il pretore urbano poteva essere usato dal senato di tanto in tanto per scopi militari e che perciò le due occupazioni, quella (saltuaria) militare e quella (normale) giurisdizionale, costituivano un grosso peso, specie considerando che all'interno di quest'ultima si aggiungevano le liti “interveniente peregrini persona”.
Ragioni pratiche e giurisdizionali dunque, ma anche di procedura avrebbero imposto la creazione della nuova magistratura. Infatti gli stranieri non potevano litigare attraverso il sistema delle “legis actiones” (fatta eccezione per i casi previsti da trattati internazionali) che era l'unico sistema processuale della “civitas” e riservato ai “cives” soltanto.
Il sistema delle “legis actiones” rappresentava un limite per l'ordinamento giuridico romano perché (9) da un lato, qualsiasi rapporto che non fosse regolato dallo “ius civile” non trovava posto all'interno dì questo a causa del necessario collegamento tra “ragione da far valere in giudizio e il modus agendi in cui farla valere”, entrambi regolati dallo “ius civile”; dall'altro essendo la cittadinanza romana presupposto essenziale per la partecipazione all'ordinamento processuale romano, ciò comportava automaticamente l'esclusione dello straniero da questo ordinamento.
Questa situazione non fece altro che comprimere delle esigenze insopprimibili di sviluppo soprattutto in fatto di tecnica processuale, ossia nella risoluzione pratica delle controversie.
Gaio (IV.30) infatti. proprio in riferimenlo a questo stato di cose esistente ormai da tempo, dice che “ ... istae omnes legis actiones paulatim in odio venerunt … ut vel qui minimum erraset litem perde-
ret.”
Ciò dimostra che l'attaccamento alla tradizione aveva posto l'ordinamento processuale romano in
una posizione di immobilismo tale da far perdere la lite a colui che avesse commesso anche il più piccolo errore nella forma.
Ora la storia romana segna due momenti in merito a questo fenomeno, e precisamente due leggi che ebbero l'effetto di superare un "empasse" di questo genere: la "Lex Aebutia'' e le due "leges Juliae". Il pretore in seguito a questi eventi legislativi cominciò a svincolarsi dagli arcaismi dello "ius civile" ma soprattutto fu in grado (10), per il futuro di dare, il massimo sviluppo all'”imperium” provvedendo con il "riconoscere nuove ragioni e concedere rispetto ad esse la tutela giurisdizionale in forma di azione" ad ammettere gli stranieri a litigare entro confini riconosciuti dall' ordinamento giuridico di Roma.
Fu dunque importante riflesso delle riforme legislative il dare ampia libertà di sviluppo all'”Imperium”.
Tutto ciò dal 242 a.C. alla “lex Aebutia” la cui data adottata comunemente è quella che va tra il 149 e il 123 (11). Ma prima del 242 a.C.? Prima della creazione della pretura peregrina, poteva il pretore urbano presiedere controversie interessanti lo straniero? Si è sopra affermato che ciò poteva avvenire.
L'unico pretore del 367 però si trovava ad operare su due piani diversi: da una parte trovandosi innanzi a casi di controversie “interveniente peregrini persona” li avrebbe risolti superando gli ostacoli che derivavano dal tradizionalismo dell'antico “ius civile” (vd. condizione “status civitatis”), in forza del suo “imperium”; dall'altra le liti che interessavano i “cives” trovavano soluzione con il sistema delle “legis actiones”. Evidentemente quindi si trattava dell'esplicazione di due funzioni. Cioè “l'organo era unico ma la funzione che esso esplicava era duplice” (12).
Si è sopra affermato che l'essenza delle due leggi di riforma processuale sarebbe stata quella di dare ampio sviluppo all'”imperium” magistratuale; e in effetti l'”imperium” fu l'elemento propulsore che ravvivò il sistema processuale romano già prima del 242, quando la pratica commerciale imponeva l'esigenza di una regolamentazione uniforme per rapporti che non potevano ricevere tutela dall'antico “ius civile”.
E' dunque verosimile l'ipotesi secondo cui il pretore urbano già prima del 242 a.C. adottasse un “modus agendi” basato sul proprio “imperium” per risolvere controversie nelle quali fossero presenti parti straniere. Questi “iudicia imperio continentur” avrebbero però interessato esclusivamente questi tipi di controversie, giacché i “cives” erano e sarebbero stati tutelati dalle “legis actiones” ancora per molto tempo, fino alla “Lex Julia” del 17 a.C., che sancì l'abolizione di questo sistema processuale.
L'antico sistema, lungo il corso dei secoli avrebbe lasciato sempre più spazio al nuovo sistema, quello formulare. Ma questo fu un processo di modificazione che si ebbe lentamente: é indicativo in
tal senso il fatto che, ai tempi della “Lex Silia” e della “Lex Calpurnia”, quest 'ultima del 149 a.C., e
sicuramente posteriore al 204 a.C., il sistema delle “1egis actiones” era ancora in uso presso i “cives” (13).
Non ci si può quindi sottrarre alla conclusione che quando nel 242 a.C. “duo praetores tunc primum creati sunt” non si fece che affidare al nuovo collega peregrino quella "funzione " che si era andata differenziando nettamente già nella corte urbana, soprattutto sulla base del nuovo “modus agendi” atto alla risoluzione di controversie interessanti gli stranieri, continuando il pretore urbano a presiedere controversie “inter cives” attraverso l'antico sistema del “lege agere” (14).
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(1) P. Frezza, Storia del processo civile in Roma fino all'età di Augusto, in ANRW I.2, 1972, p.168.
(2) P. Frezza, op. cit., p.168.
(3) P. Frezza, op. cit., p.165.
(4) F. Serrao, la “Iurisdictio” del pretore peregrino, Milano, 1954, p.7.
(5) C. De Boeck, Le preteur peregrine, Paris, 1882, p.3
(6) F. Serrao, op. cit., p.49 nt.33.
(7) G. Lombardi, sul concetto di “ius gentium”, Roma, 1947, p.13 nt.3.
(8) F. Serrao, op. cit., p.49 nt.33.
(9) E. Betti, Sulla genesi storica del processo formolare, in estratto dal vol.“Per il XIV centenario delle Pandette e del Codice di Giustiniano", Pavia. 1933, p. 454.
(10) E. Betti, op. cit. p. 455; cfr. F. DE MARTINO, Giurisdizione in diritto romano, Padova, 1927, p.113.
(11) F. Serrao, op. cit., p. 122.
(12) F. Serrao, op. cit., p. 49.
(13) F. Serrao, op. cit., p. 50.
(14) F. Serrao, op. cit., p. 51.