Sarcofago
di bambino con eroti vendemmianti, sacrificio a Bacco, grifi,
II°
sec. d.C., marmo italico di Luni
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Questo vasto movimento, composto di filosofi ed eruditi, ebbe il merito di produrre nuovi stili su generi letterari preesistenti, producendo novità culturali e nel contempo istituendo nuovi punti di riferimento intellettuali.
Nella Vita Plotini, biografia del filosofo ed erudito del III° secolo d.C. Plotino nativo di Licopoli, l'odierna Asyūṭ in Egitto, l'allievo Porfirio, filosofo ed erudito egli stesso, racconta lo speciale onore e venerazione di cui era oggetto il filosofo Plotino medesimo presso la corte dell'imperatore Gallieno e della moglie Salonina.
La biografia costituisce documento prezioso ed interessante pieno di notizie riguardanti opere dell'antichità a noi oggi ignote e particolari inediti della vita del filosofo iniziatore del neoplatonismo.
La singolarità e l'originalità che pertengono al nostro caso è la presenza di un inno oracolare collocato all'interno di una biografia quella appunto del filosofo Plotino.
Porfirio attraverso un componimento poetico oracolare, inserito nel capitolo XXII della biografia, descrive la continua aspirazione dell'anima del filosofo suo maestro nel corso della sua esistenza terrena al raggiungimento della felicità ultraterrena mediante la contemplazione divina.
Nel III° sec. d.C. la biografia del filosofo Plotino scritta da Porfirio o forse da un altro allievo Amelio, entrambi condiscepoli di Plotino, costituisce la testimonianza di un uso letterario, potenziale precedente o coevo del cristianesimo.
Il testo proposto è la traduzione dal greco di Vincenzo Cilento.
XXII. - 'Perché tanto m'indugio a l'ombra di querce e di rupi?' - così, Esiodo. Giacché, se ci si deve attenere a testimonianze fornite dai saggi, chi è mai più saggio del dio? del dio che disse di sé, veracemente:
Di arene e di mari, io numero seppi e misure;
i muti compresi e il grande silenzio ascoltai.
Infatti Apollo, allorché Amelio gli domandò dove se ne stesse la fuggita anima di Plotino, Lui, il Dio che aveva detto su Socrate la grande parola
Degli uomini tutti, Socrate è il più saggio!
odi qual grande e splendido oracolo pronunziò intorno a Plotino:
Io accordo sulla lira un canoro inno immortale per un amabile amico, intrecciandolo con le dolci note della cetra, che piamente risuona sotto il plettro d'oro. Invoco anche le Muse a far risuonare il coro delle loro voci, in pieno giubilo sinfoniale e in èmpito concorde, come quando furono invitate a intrecciare la danza intorno all'Eacide, tra follie d'immortali e canti omerici.
Suvvia, coro sacro di Muse, fondiamo insieme le voci, spirando in un unico alito, sino alle vette più alte del canto. Ecco, sono tra voi io stesso, Apollo dalla densa chioma.
Danza di Apollo con
le Muse, Baldassare Peruzzi, Palazzo Pitti, Firenze
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Dèmone, tu fosti un tempo uomo, ma ora tocchi la più divina sorte del dèmone, da quando sciogliesti i vincoli della umana necessità, via, ora, dal tumulto fragoroso delle membra, traendo dallo spirito il possente slancio, nuota verso l'estremo lembo tra il mare e la costa asciutta, affrettandoti a porre il piè fermo, lungi dalla turba dei profanatori, sul sentiero dalle belle curve dell'anima pura; là dove s'irraggia lo splendore di Dio, dove, in purezza, regna il diritto divino, lontano dalla sacrilega scelleratezza.
Già un tempo, tu ti slanciavi in alto per sottrarti al mordente flutto della vita che si pasce di sangue ed ai suoi gorghi nauseanti; e spesso, in mezzo ai marosi e al loro scroscio sempre più alto, ti apparve, mésso dei Beati, e ti si pose proprio accanto, il Fine supremo. Spesso ancora, quando i raggi del tuo spirito, per obliqui sentieri, tendevano a farsi travolgere a loro capriccio, gli Immortali li sollevarono ai cieli dal diritto cammino, su per l'eterna via; e pur frequentemente concessero ai tuoi occhi di vedere, dal fondo della loro tenebra nera, il raggio della loro luce. Giammai t'oppresse completamente le palpebre il sonno profondo; perché, pur sbattuto nei gorghi della vaporosa caligine, tu, diradando dalle palpebre la sua greve macchia, riuscivi a vedere, con occhi mortali, tante e così amabili cose che nessuno degli uomini, tra quanti furono ricercatori di sapienza, poté mai facilmente contemplare.
Ma ora che hai spezzato l'involucro ed hai abbandonato la tomba dell'anima demoniaca, tu segui, oramai, la schiera dei dèmoni, ove aleggiano aure fragranti.
Colà è dato contemplare l'Amicizia e la tenera Brama; nel traboccare della pura gioia, là tu sei eternamente sazio di Dio, attingendo da ruscelli d'ambrosia; da Lui sono i legami degli amori e l'alito soave e l'aria senza venti. Dell'aurea stirpe del grande Zeus, là dimorano Minosse e Radamanto fratelli; ivi è Eaco, il giusto; ivi è Platone - potenza sacra -; là è pure il virtuoso Pitagora; e quanti son lì fermi, Coro di Eros immortale, quelli che ebbero in sorte un'origine comune con i beatissimi dèmoni. Ivi il cuore è incantato in letizie sempre rifiorenti.
Oh te beato! dopo aver sofferto innumerevoli battaglie, armato dello slancio primigenio della vita, tu finalmente dimori coi dèmoni casti.
Fermiamo il canto, o gioconde Muse, e il bel vortice della danza in onore di Plotino. Ecco il messaggio che la mia cetra d'oro dové annunziare su colui che è nel Bene, per l'eternità.
(2 - fine)