La
progressiva presa di coscienza delle capacità
individuali
e
i diversi livelli di istruzione hanno permesso alla donna di entrare
nella vita attiva del paese e quindi di emancipare il suo ruolo
sociale.
Ma
quando diventa madre, la donna si trova al centro di due culture
opposte: la prima, la spinge ad evolversi socialmente, ad acquistare
la propria indipendenza economica, mentale e psicologica; la seconda,
la porta a rientrare in un ruolo privato e famigliare.
L'allontanamento dal posto di lavoro (a causa della gravidanza e
della maternità)
fa perdere alla donna peso specifico professionale, talvolta in modo
definitivo. In conseguenza di ciò, la maternità può essere vissuta
come un peso sociale, una limitazione personale, un pericolo di
disinserimento lavorativo. Per tali ragioni l'affidamento del bambino
avviene fin dai primi momenti ed è in genere delegato a persone di
famiglia disponibili e/o alla scuola dell'infanzia, spesso privata,
perchè
le
graduatorie della scuola pubblica sono costituite da lunghe liste
inaccessibili.
La donna che ritorna a lavorare in questo periodo, è continuamente
in ansia perchè è a disposizione delle quotidiane problematiche del
bambino tipiche dei primi tempi di vita. Non riesce ad assolvere in
modo esauriente a quel lavoro per il quale ha sacrificato la
relazione iniziale con suo figlio. In sostanza, la madre e il bambino
pagano un prezzo psicologico e sociale eccessivo.
Gli
studi scientifici hanno dimostrato la insostituibilità della
relazione madre-bambino, almeno per i primi tre mesi. In questo
periodo è necessario mantenere quell'intimità che il piccolo ha
vissuto per nove mesi. L'atmosfera serena e calma di cui il bambino
ha bisogno non si crea solo con l'assolvimento delle sue esigenze
fisiologiche ma soprattutto attraverso un rapporto tenero, fiducioso
e continuo con i genitori. La madre quindi è garanzia indispensabile
per la ”salute“ del figlio nei primi mesi di vita e per diventare
poi con il padre necessaria, in tutti gli altri momenti di sviluppo.
Tale
considerazione non vuole stringere in un legame esclusivo i genitori
al figlio, ma vuole semplicemente sottolineare la insostituibilità
di questa relazione nei primi mesi e stabilire che l'alternativa
dell'asilo nido non può assolvere a tutte le esigenze del bambino. I
genitori in questa fase dovrebbero poter scegliere la soluzione
migliore, mentre invece sono ”soli“ ad affrontare una scelta così
importante. La gestione è totalmente a carico della famiglia e delle
sue risorse psichiche, fisiche e materiali. La situazione peggiora
per le famiglie separate e per le donne sole o diventate tali che si
trovano a dover affrontare in solitudine la responsabilità della
crescita del proprio bambino. Hanno bisogno di supporti lavorativi,
sociali, materiali ed invece questi provvedimenti, per la maggior
parte, non sono previsti socialmente. Anche per tali ragioni, la
Scuola dell'infanzia finisce per essere utilizzata come un'area di
parcheggio ad orario.
Per
cambiare l'utilizzo sociale della Scuola dell'infanzia occorre che si
istituisca una nuova visione sociale della famiglia e del bambino
sintonizzandone i provvedimenti e le risorse da parte dello Stato.