Il mondo giuridico romano enucleò, all'interno del proprio ordinamento giuridico, una branca riguardante i rapporti fra stranieri e fra questi e i romani, una sorta di diritto internazionale relativo ai rapporti tra privati.
Roma infatti si dovette trovare ben presto innanzi al problema di dover risolvere “positivamente” tutti quei rapporti che venivano a crearsi nei contatti con popolazioni straniere. Da un lato l'espansione determinata dalle continue guerre con gli stati confinanti, dall'altro il rapido incrementarsi dei contatti commerciali, imposero assai presto la necessità di regole uniformi di comportamento tra parti contendenti non appartenenti alla stessa comunità giuridica.
Il diritto romano non accolse mai i diritti stranieri, anzi, data l'esclusività del diritto quiritario i “peregrini” non potevano fare uso di esso ed una tal situazione avrebbe condotto certamente a gravi conseguenze se l'ingegno giuridico romano non vi avesse posto rimedio con la creazione di un magistrato apposito, il pretore peregrino.
La dottrina infatti è unanime nel ritenere che il pretore peregrino dal 242 a.C. al 212 d.C., ossia dalla sua istituzione alla sua scomparsa (1) esercitò la funzione giurisdizionale “inter peregrinos” e “inter cives et peregrinos”(2).
Questi furono i titoli che gli furono attribuiti nel tempo e taluni autori hanno ritenuto di poter spiegare in base ad essi l'evoluzione della sfera di competenza attribuita al pretore peregrino (3). Ne sono scaturiti due indirizzi, sostenuti l'uno dal Daube, l'altro dal Serrao (4), che costituiscono l'oggetto della prima parte del presente studio. In particolare, si è ritenuto opportuno di fermare l'attenzione su questa diversità di opininoni per trattare l'interessante aspetto delle competenze affidate al pretore peregrino in diversi settori della vita pubblica romana.
Le difficoltà cui questo studio è andato incontro sono state essenzialmente determinate dalla relativa scarsezza delle fonti. Infatti possiamo si contare su notizie che attestano l'opera del pretore peregrino in campo amministrativo, militare e politico, ma nel campo, che più ci interessa, quello strettamente giurisdizionale, si nota una certa incompletezza e frammentarietà nelle testimonianze. La conseguenza di ciò è che non è possibile giungere ad una precisa ricostruzione di quell'editto peregrino che tanta parte ebbe nella genesi e nello sviluppo della procedura formulare.
Tra i frammenti che possediamo dei numerosi commentari nei quali i giureconsulti esposero e svilupparono l'editto infatti, nessuno si riferisce specificamente ad esso; gli scritti più che rivelarne la portata vi alludono (5).
La strada che abbiamo percorso dunque, per dimostare la profonda influenza dell'attività giurisdizionale del pretore peregrino sullo sviluppo del sistema giuridico romano, è stata quella di esaminare l'origine di alcuni contratti e di alcune azioni particolarmente significativi.
Il pretore peregrino dunque, sin dall'anno della sua investitura nella nuova “jurisdictio”, potè intraprendere un'opera di vera e propria “creazione del diritto” (6), ed in definitiva a lui e al pretore urbano, dal 130 a.C. ossia dalla “Lex Aebutia”, si devono tutti quegli istituti e forme contrattuali che tanta fortuna ebbero nel diritto romano classico.
Come si diceva, per ciò che riguarda l'attività extragiudiziale del nostro pretore siamo invece in possesso di un maggior numero di notizie ed esse ci permettono di constatare la notevole poliedricità di funzioni che egli era chiamato ad adempiere.
Dobbiamo infine menzionare, pur all'interno di un panorama bibliografico non particolarmente fitto, i preziosi contributi del De Boeck (7), del Daube (8), del Serrao (9) e dell'Arriat (10) che contengono spunti originali per la ricostruzione della figura del pretore peregrino e che hanno costituito la base del nostro lavoro.
Il proposito era quello di offrire un quadro il più possibile esauriente delle valenze istituzionali della pretura peregrina partendo dalle riflessioni di autori che l'avevano studiata da angolazioni diverse e a volte difficili da conciliare.
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(1) Per il valore da attribuire alle testimonianze successive al 212 d.C., infra cap.VI del presente volume. (2) F. Serrao, la “Iurisdictio” del pretore peregrino, Milano, 1954, p.1 nt.2 e gli autori ivi citati. (3) D. Daube, The peregrine praetor in Journal of Roman Studies, London, 1951. (4) F. Serrao, op. cit., pp.10 ss. (5) Cfr. infra cap.IV paragrafo 2 del presente volume: sviluppo e definitivo assetto dell'editto. (6) Riprendendo dall'opera di E. Betti, “La creazione del diritto nella “iurisdictio” del pretore”, Padova, 1927, in ST. Chiovenda, giacchè questo è il senso del contributo giuridico del pretore peregrino. (7) C. De Boeck, The peregrine praetor, Paris, 1882. (8) D. Daube, The peregrine praetor, op. cit. (9) F. Serrao, op. cit. (10) D. Arriat, Le preteur peregrin, Paris, Imprimerie nationale, 1955.