Marie-Louise Breslau, Lady in front of the mirror, 1904, Basilea, Museo d'arte |
Il riciclo e il riuso non deve essere considerato il naturale destino dell'abbigliamento e degli accessori. Una soluzione efficace per limitare al massimo l'impatto di abiti e accessori dismessi nell'ambiente consiste nel comprare in modo giusto se e quando, risulti necessario o opportuno.
Questa condizione potrebbe far riflettere sulla profonda differenza esistente tra il mostrare e il portare l'abito.
Dagli anni ottanta in poi, la politica del benessere ha imposto di comprare ed utilizzare molti capi di vestiario e molti, moltissimi accessori. E' chiaro che il vestito, specie se costoso e di moda, era collegato strettamente allo status economico della persona. Chi voleva mostrare in modo chiaro il proprio livello economico e il sopraggiunto benessere doveva comprare oggetti (tra cui pellicce e gioielli) sempre più costosi e soprattutto esibirli. Il fenomeno dell'omologazione sociale ha condizionato i costumi di adulti, bambini ed adolescenti di queste generazioni. Mostrando l'abbigliamento si poteva anche rintracciare il gruppo sociale di appartenenza. Ogni persona si sentiva inserito nel proprio gruppo portando le marche socialmente riconosciute. Al lavoro come a scuola si incontravano persone vestite più o meno allo stesso modo.
Da qualche anno la crisi economica ha frenato progressivamente i consumi. Il fenomeno del riciclo e del riuso ha soddisfatto il bisogno di disfarsi di quegli abiti che, per ovvie ragioni, non potevano più essere indossati.
Ma l'autolimitazione di oggetti considerati inutili o fuori moda non significa aver imparato ad indossare ciò che valorizza o ciò che serve. Questo fenomeno, di fatto molto diffuso è forse la faccia opposta della stessa mentalità capitalistica.
Per poter giungere ad un nuova coscienza sarebbe necessario cambiare mentalità e non essere più concentrati sulle opinioni, sul giudizio degli altri ma su ciò che ognuno ritiene opportuno per sé.
Dagli anni ottanta in poi, la politica del benessere ha imposto di comprare ed utilizzare molti capi di vestiario e molti, moltissimi accessori. E' chiaro che il vestito, specie se costoso e di moda, era collegato strettamente allo status economico della persona. Chi voleva mostrare in modo chiaro il proprio livello economico e il sopraggiunto benessere doveva comprare oggetti (tra cui pellicce e gioielli) sempre più costosi e soprattutto esibirli. Il fenomeno dell'omologazione sociale ha condizionato i costumi di adulti, bambini ed adolescenti di queste generazioni. Mostrando l'abbigliamento si poteva anche rintracciare il gruppo sociale di appartenenza. Ogni persona si sentiva inserito nel proprio gruppo portando le marche socialmente riconosciute. Al lavoro come a scuola si incontravano persone vestite più o meno allo stesso modo.
Da qualche anno la crisi economica ha frenato progressivamente i consumi. Il fenomeno del riciclo e del riuso ha soddisfatto il bisogno di disfarsi di quegli abiti che, per ovvie ragioni, non potevano più essere indossati.
Ma l'autolimitazione di oggetti considerati inutili o fuori moda non significa aver imparato ad indossare ciò che valorizza o ciò che serve. Questo fenomeno, di fatto molto diffuso è forse la faccia opposta della stessa mentalità capitalistica.
Per poter giungere ad un nuova coscienza sarebbe necessario cambiare mentalità e non essere più concentrati sulle opinioni, sul giudizio degli altri ma su ciò che ognuno ritiene opportuno per sé.
Ciò implicherebbe di impegnarsi nella comprensione della propria personalità, delle capacità e dei limiti, delle proprie caratteristiche fisiche, dei propri bisogni e desideri, delle proprie necessità reali.
Occorrerebbe percepire correttamente la propria identità per scegliere abiti appropriati, nelle forme e nei colori, e in relazione ai ruoli realmente svolti nella società.
Il vestirsi quindi diventerebbe un abile e sapiente opera di armonia, buongusto, di bellezza e di realtà. La moda viene puntualmente riletta ogni volta sulla base di ciò che si attaglia e su ciò che è opportuno o che serve.
Appare chiaro che la prevenzione degli acquisti coattivi dell'abbigliamento non nasce dal concetto delle ristrettezze economiche ma anzi se ne distacca completamente. La scelta oculata degli abiti e degli accessori è l'espressione di un cammino personale, della ricerca di sé e produce un comportamento etico, di rispetto nei confronti dell'ambiente e di rispetto nei confronti di se stessi e della propria libertà personale.
Sarebbe importante cominciare a discutere e promuovere incontri per riflettere ed imparare a muoversi lungo questo percorso curioso e stimolante. Si dovrebbe cominciare a dare importanza all'individuo. Anche la scelta dell'abbigliamento è una delle strade possibili.
Occorrerebbe percepire correttamente la propria identità per scegliere abiti appropriati, nelle forme e nei colori, e in relazione ai ruoli realmente svolti nella società.
Il vestirsi quindi diventerebbe un abile e sapiente opera di armonia, buongusto, di bellezza e di realtà. La moda viene puntualmente riletta ogni volta sulla base di ciò che si attaglia e su ciò che è opportuno o che serve.
Appare chiaro che la prevenzione degli acquisti coattivi dell'abbigliamento non nasce dal concetto delle ristrettezze economiche ma anzi se ne distacca completamente. La scelta oculata degli abiti e degli accessori è l'espressione di un cammino personale, della ricerca di sé e produce un comportamento etico, di rispetto nei confronti dell'ambiente e di rispetto nei confronti di se stessi e della propria libertà personale.
Sarebbe importante cominciare a discutere e promuovere incontri per riflettere ed imparare a muoversi lungo questo percorso curioso e stimolante. Si dovrebbe cominciare a dare importanza all'individuo. Anche la scelta dell'abbigliamento è una delle strade possibili.
(Fine)